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Parco Nazionale del Gargano - Foto Archivio Vito Stano |
«Tutelare
e valorizzare, recuperare e riqualificare i paesaggi di Puglia; promuovere e
realizzare uno sviluppo socio-economico auto-sostenibile e durevole e un uso
consapevole del territorio regionale; superare i problemi di adeguatezza ed
efficacia del Piano paesaggistico vigente». Questi sono i «perché» del nuovo
Piano paesaggistico che la Regione Puglia, in collaborazione con il Ministero
per i Beni e le Attività Culturali, ha presentato in mattinata a Bari presso il
Castello Svevo. Il Piano ha il pregio di considerare in un unico strumento di
pianificazione l’intero territorio regionale: sono considerate anche le aree
d’interesse geomorfologico (seppur regolamentate nello specifico dalla legge
regionale n.33 del 2009). Per quanto riguarda le aree d’interesse geologico infatti
nel Piano paesaggistico si parla quando viene considerata «l’idrogeomorfologia»
del territorio con una carta redatta dall’Autorità di Bacino regionale.
Il
paesaggio pugliese, se il Piano paesaggistico fosse approvato a Roma in sede
ministeriale entro la fine della legislatura “tecnica”, potrà essere
considerato un esempio di approccio al territorio e alla sua gestione, «perché
– come ha dichiarato la dottoressa Anita Guarnieri della Direzione regionale
del Mibac – non esisteva una metodologia, ne una prescrizione codificata,
pertanto abbiamo inventato un metodo».
Quindi
nel dettaglio le parti essenziali del Piano paesaggistico territoriale
regionale sono: il quadro conoscitivo, costituito dall’atlante del patrimonio,
dalle descrizioni analitiche e strutturali di sintesi, dalle interpretazioni
identitarie e statutarie; il secondo gruppo di elementi essenziali è
sintetizzato nel titolo il progetto di territorio, composto da uno scenario
strategico, dagli obiettivi generali e specifici, dalle linee guida, dai
progetti pilota e dalle schede di ambito, che abbracciano anche la prima parte.
La terza parte è costituita dal sistema delle tutele, cioè beni e contesti
paesaggistici, struttura idrogeomorfologica, struttura ecosistemica e
ambientale, struttura antropica e storico-culturale.
Le
differenze tra il vecchio Putt e il nuovo Pptr sono diverse e interessano il
processo di formazione: nel Putt l’elaborazione era demandata ad un ristretto
gruppo di tecnici, invece nel Pptr la terminologia cambia arricchendosi di
termini quali «partecipazione, co-pianificazione, produzione sociale del
Piano»; inoltre i processi di formazione si sono avvalsi di un gruppo di lavoro
interdisciplinare. Per quanto riguarda le conoscenze di base il nuovo Piano
paesaggistico territoriale regionale (Pptr) è stato realizzato su carte più
adeguate, tra cui anche una idrogeomorfologica (realizzata dall’Autorità di
Bacino) che rappresenta l’idrografia e la geomorfologia pugliese. Sia
l’interpretazione dei valori sia le forme di tutela dal Putt al Pptr si
discostano per l’approccio seguito: nel vecchio Piano il vincolo era il perno
attorno al quale ruotava la gestione del territorio, invece nel Pptr sono state
individuate, come valori fondanti, le identità territoriali e statutarie, che
il Piano prevede, così come per il rapporto tra Regione e Comuni, questo è ispirato
alla condivisione e alla tutela attiva. È interessante, a proposito delle
identità del paesaggio, quanto il Pptr fa interpretando i caratteri
significativi regionali e di ambito considerandoli quali risorse per lo
sviluppo.
L’Atlante
del patrimonio si struttura su due livelli: regionale e di ambito, utile per
approfondire ognuno degli undici ambiti paesaggistici in cui il territorio regionale
è articolato. Il primo livello descrittivo riguarda i dati base utilizzati a vario titolo per la costruzione del quadro
conoscitivo (dati, testi, carte storiche, iconografiche, cartografie di base).
Le descrizioni strutturali di sintesi invece sono descrizioni di secondo
livello, la cui realizzazione ha richiesto un’interpretazione delle relazioni
tra le singole componenti; a questo livello sono collocate anche le descrizioni
che chiariscono come, nel lunghissimo periodo delle trasformazioni storiche, le
diverse culture hanno interpretato diversamente le relazioni con la natura
fisica per i luoghi contribuendo a definire i caratteri dei paesaggi della Puglia
per come li conosciamo attualmente.
Gli
undici ambiti individuati sono: Gargano, Subappennino, Tavoliere, Ofanto,
Puglia centrale, Alta Murgia, Murgia dei trulli, Arco ionico tarantino, La
piana di Brindisi, Tavoliere salentino, Salento delle serre. I fattori
considerati per la definizione sono: morfologia, idrografia e litologia del
territorio, che sono le dominanti ambientali e paesaggistiche; assieme ai
fattori antropici, che sono le reti di città, le trame agrarie e gli insediamenti
rurali; per individuare il perimetro degli ambiti sono stati considerati i
confini amministrativi (comunali, provinciali, perimetrazione della aree
naturalistiche protette). È stato più volte richiamato il carattere dinamico
del Piano paesaggistico, che «consentirà – stando alla volontà dei soggetti
promotori – la produzione sociale del paesaggio e l’attuazione e gestione degli
obiettivi del Pptr in forme condivise e co-pianificate».
La
gestione è il nodo cruciale attorno al quale il Piano, fortemente voluto
dall’assessore regionale Angela Barbanente, ruoterà. L’ufficio che lo gestirà sarà
l’Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio e per i beni culturali. Questo,
in coordinamento con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, favorirà
lo scambio di conoscenze tra «saperi esperti e saperi contestuali», realizzerà
attività di monitoraggio ed elaborazione di informazioni sullo stato e
l’evoluzione del paesaggio al fine di aggiornare periodicamente il Piano
stesso.
Quindi
il Piano paesaggistico andrà a colmare un vuoto non solo legislativo, ma anche
un ritardo culturale. In questi ultimi cinque-sei anni c’è stata una
proliferazione sul territorio regionale di impianti di produzione di energia da
fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico soprattutto) autorizzati su suoli
agricoli con l’intento di favorire nuova occupazione, ai quali va sommata la
strana «valorizzazione-cementificazione delle coste», come l’ha definita Laura
Marchetti, assessore comunale a Gravina in Puglia e già sottosegretario presso
il Ministero dell’Ambiente dell’ultimo governo Prodi. Gli esempi di cattiva
gestione del territorio non mancano: per rimarcare il concetto è d’obbligo dire
che a fronte del fregio di prima regione d’Italia nella classifica di
produzione di energia da fonti rinnovabili è stato autorizzato dalla Regione
Puglia e dagli enti locali competenti lo scempio del territorio (basti scendere
verso il Salento o salire verso il Subappennino dauno) nel nome della green economy. Questa comportamento
istituzionale ha indubbiamente creato aspettative e confusione, tanto che, a
proposito di possibilità di sviluppo del settore delle rinnovabili, durante la
presentazione del Piano, oltre ai tanti complimenti per il grande lavoro svolto
dagli uffici della Regione Puglia (lavoro successivo e contestuale a quello
politico e di indirizzo dell’assessore Barbanente) non sono mancate le critiche
in ordine alle restrizioni che soltanto con questo Piano paesaggistico
territoriale regionale saranno introdotte. La confusione legislativa e la
miopia ideologica hanno permesso il sacrificio del territorio sull’altare
dell’energia pulita. Oggi le istituzioni s’accorgono che questo non è stato un
buon affare per il paesaggio.
29.01.2013
Vito
Stano